Questo è dimostrato da uno studio che ha valutato oltre 300000 donne seguendole nel tempo: le donne con menopausa sopraggiunta prima dei 44 anni avevano una probabilità aumentata (+50%!) di andare incontro a una malattia delle coronarie (angina, infarto, ischemia) e di essere colpite da un evento cardiovascolare grave e mortale (+ 19%) in confronto a donne con menopausa insorta dopo i 45 anni.
Non sono ancora completamente chiari i meccanismi che determinano questo fenomeno, ma una ipotesi accreditata correla i cambiamenti ormonali legati alla perdita dell’attività ovarica a un processo di infiammazione dell’endotelio (cellule che foderano l’interno delle pareti delle arterie e, se sane, mantengono il sangue liquido) con conseguente attivazione negativa del sistema immunitario e dei meccanismi della trombosi.
“Le donne che vanno in menopausa troppo presto (menopausa precoce) sono più esposte all’aggressione da parte di malattie cardiovascolari come infarto, ictus cerebrale, trombosi delle arterie o delle vene, embolia, aterosclerosi, conosciute con il nome dell’organo che colpiscono ma causate da un meccanismo che le accomuna e che riconosce nella trombosi il momento culminante. Questa conferma permette di intervenire precocemente in termini di prevenzione inducendo le donne a prendere di petto i fattori di rischio e a eliminarli uno per uno: si può cominciare da quelli modificabili perché legati allo stile di vita, come il sovrappeso, la inattività fisica, una alimentazione troppo ricca di calorie, di grassi animali, di sale e povera di frutta e verdura, lo stress quotidiano. E si possono tenere sott’occhio con particolare attenzione alcuni marcatori precoci di rischio importanti, come la glicemia, la pressione arteriosa, il livello del colesterolo, che in casi selezionati possono richiedere anche un intervento medico o farmacologico precoce.” – commenta la Dott.ssa Rota, presidente di ALT – Associazione per la lotta alla trombosi e alle malattie cardiovascolari.- “Ognuno di noi nasce con un sistema della coagulazione peculiare, che dipende dai codici genetici trasmessi dai nostri genitori, ma risente di situazioni transitorie che possono indurre il sangue a coagulare in modo disordinato ed eccessivo causando eventi cardio o cerebrovascolari.
Il sangue dovrebbe coagulare solo quando deve e in modo controllato. Deve continuare a scorrere nelle arterie e nelle vene: se si ferma coagula. Deve venire a contatto solo con pareti interne delle arterie e delle vene (endotelio) intatte e non infiammate, altrimenti coagula. Deve scorrere in un sistema idraulico chiuso, costituito dal cuore che pompa il sangue nelle arterie, dalle arterie che arrivano fino alle cellule più lontane diventando sempre più piccole man mano si allontanano dal cuore, dai capillari, microscopici vasi che permettono alle cellule di assorbire dal sangue le sostanze nutritive e di scaricare nel sangue i prodotti di scarto, dalle vene che riportano il sangue al cuore perché si ripulisca nei polmoni e ricominci il proprio giro.
Se il sangue viene a contatto con l’aria coagula: lo vediamo ogniqualvolta osserviamo il sanguinamento da un taglio. Se il sangue rallenta la sua corsa coagula; se viene a contatto con un tratto di vena o di arteria infiammata o ferita coagula.
Perché il sangue coaguli in modo appropriato, non troppo e non troppo poco, coesistono due squadre di enzimi naturali: i pro coagulanti, che lo fanno coagulare, gli anticoagulanti che lo trattengono dal coagulare troppo. Ci deve essere equilibrio in termini quantitativi e qualitativi fra i pro e gli anticoagulanti. Se prevalgono i pro coagulanti, come accade in gravidanza, in pazienti con malattie infiammatorie o con un tumore, allettati o sottoposti a un intervento chirurgico, il sangue coagula troppo rapidamente e forma trombi (coaguli), che possono chiudere le arterie provocando infarto del miocardio, ictus cerebrale o ischemia periferica, oppure le vene, causando trombosi venosa superficiale (flebite) o profonda.
Quando frammenti di trombo si staccano e viaggiano nel sangue si chiamano emboli, arrivano in organi lontani dal punto in cui si sono formati causando embolia, evento molto grave che può essere mortale (embolia polmonare o cerebrale) o causare lesioni gravi come la necrosi di un organo o di un arto che porta all’amputazione.
Conoscere l’assetto del sistema della coagulazione del sangue, misurare i fattori pro e anticoagulanti, conoscere la storia dei consanguinei e del paziente e i suoi specifici fattori di rischio permette di tracciare un profilo di rischio individuale, di correggere tempestivamente i fattori di rischio modificabili, di intervenire con opportune misure di protezione che possono essere simili, ma non uguali per tutti.
Apparteniamo tutti al genere umano, uomini e donne, e possiamo essere raggruppati in categorie per etnia, caratteristiche morfologiche, età, genere, precedenti eventi: ma all’interno di ogni categoria ognuno di noi è diverso, e questa peculiarità deve essere riconosciuta dal medico che ne terrà conto nella compilazione del profilo di rischio cardiovascolare e nella prescrizione dei provvedimenti necessari per rendere meno probabili malattie gravi come l’infarto, l’ictus, l’embolia, la trombosi delle vene e delle arterie, altamente probabili ma anche altamente prevenibili.” -commenta sempre la Dott,ssa Rota.
Fonte JAMA Cardiology