L’American Heart Association pubblica per la prima volta le Linee Guida specifiche dedicate al calcolo del rischio di stroke nella donna e alla sua prevenzione. ALT – Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari – Onlus le regala a tutte le donne.
Recentemente su Stroke, la rivista scientifica ufficiale di American Heart and Stroke Association (AHA/ASA) sono state pubblicate per la prima volta le linee guida ufficiali su rischio e prevenzione dell’ictus nella donna. Il gruppo di lavoro coordinato dalla dottoressa Cheryl Bushnell (Dpt. of Neurology and Women’s Health Center of Excellence for Leadership, Research, and Education, Wiston-Salem, NC-USA) e composto da autorevoli esperti sulla malattia cerebrovascolare nella donna, ha raccolto i dati prodotti dalla letteratura scientifica sui fattori di rischio per l’ictus focalizzandosi su quelli esclusivamente o più frequentemente presenti nel sesso femminile.
L’ictus rappresenta la quinta causa più probabile di morte per l’uomo ma la terza per la donna. L’incremento demografico della popolazione fa prevedere che oltre il 19% della popolazione mondiale, cioè circa 72 milioni di persone, avrà a breve più di 65 anni. Il gruppo più numeroso sarà costituito dalle donne, che hanno un’aspettativa di vita superiore agli uomini e quindi un periodo di esposizione al rischio maggiore: 20% contro 17% nei maschi. Vuol dire che una donna su cinque sarà colpita da ictus cerebrale, che la metà di quelle che non perderanno la vita rimarrà invalida, con deficit residui funzionali e cognitivi: 200.000 donne disabili in più rispetto agli uomini.
Le linee-guida dell’AHA/ASA confermano il ruolo di alcuni fattori di rischio peculiari e tipici della donna, quali quelli legati ai cambiamenti ormonali durante la gravidanza e ad alcune condizioni patologiche che ad essa correlate come la preeclampsia e il diabete gestazionale, così come i contraccettivi orali e la loro assunzione in soprattutto in donne che soffrono di emicrania in particolare con aura e che fumano, e infine i cambiamenti ormonali legati alla menopausa. Accanto a questi, altri fattori di rischio ben noti quali la fibrillazione atriale, il diabete mellito e l’ipertensione confermano il proprio ruolo nell’aumentare la probabilità di ictus cerebrale, insieme ad alcuni fattori emergenti e di grande importanza come la depressione e lo stress psicosociale. Per quanto riguarda i soliti noti, l’obesità, il fumo e la sindrome metabolica si confermano importanti anche nella donna così come nell’uomo.
Gli scienziati che hanno realizzato questo lavoro approfondito e innovativo per l’attenzione riservata al genere femminile hanno poi stilato una serie di raccomandazioni utili ai medici nella pratica clinica per la prevenzione degli eventi cerebrovascolari nella donna. E concludono sottolineando l’urgenza che la comunità scientifica si impegni perchè i medici e le donne aumentino gli uni la conoscenza e le altre la consapevolezza che le donne hanno un rischio di ictus elevato. “Rischio legato solo in parte alla genetica e ai fattori di rischio noti, ma molto all’assetto ormonale tipico delle varie fasi della vita delle donne e soprattutto che le donne non reagiscano di fronte a queste preziose informazioni con la paura irrazionale e la decisione di ignorare” – sottolinea la dottoressa Lidia Rota Vender, presidente di ALT- Onlus e responsabile del Centro di Prevenzione Cardiovascolare di Humanitas – “ma al contrario donne con il desiderio di saperne di più sui sintomi che possono e devono mettere in allarme, sul ruolo che un singolo fattore ha e quanto si moltiplica la probabilità per ogni fattore aggiunto, e quale enorme vantaggio può dare il modificare anche uno solo dei fattori di rischio modificabili. È facile prevenire le malattie cardio e cerebrovascolari da Trombosi, che siamo abituati a chiamare con nomi diversi in funzione dell’organo che colpiscono infarto, ictus, embolia, trombosi venose, trombosi arteriose) : talmente facile che risulta incomprensibile il previsto aumento di queste drammatiche malattie pronosticato per i prossimi anni. Smettere di fumare, controllare e ridurre il peso, aumentare l’attività fisica , ridurre il consumo di sale e di cibi conservati e poco sani, verificare periodicamente il livello della pressione del sangue, della glicemia, del colesterolo e correggere quel che può essere corretto: cambiare in meglio il proprio stile di vita è efficace quanto prendere i farmaci, che non dobbiamo temere, ma che vanno assunti solo quando sono necessari”.
“Queste linee guida rappresentano una pietra miliare nel progresso dell’epidemiologia e della appropriatezza delle cure, e della prevenzione : infatti, nonostante l’attenzione dell’ultimo decennio da parte della comunità scientifica internazionale alle differenze di sesso e di genere nella malattia cardio- e cerebro-vascolare, questo è il primo documento esteso ed esaustivo dedicato al rischio ed alla prevenzione dell’ictus specificamente nella donna”, –spiega la dottoressa Paola Santalucia, neurologa e cardiologa presso l’ospedale Policlinico di Milano e vicepresidente di ALT.“Il rischio di avere un ictus per la donna è aumentato in almeno tre periodi distinti della sua vita, in età giovane tra i 20 e i 35 anni, in età peri – menopausale tra i 45 e i 55 anni e in età anziana >85 anni: questo andamento del rischio cerebrovascolare nel corso della vita della donna corrisponde perfettamente alla distribuzione dei fattori di rischio descritta nelle linee guida dell’AHA/ASA – continua la dottoressa Santalucia -. La donna giovane infatti ha un profilo di rischio molto particolare legato all’assetto ormonale naturale, alla contraccezione e alla gravidanza. Il periodo peri-menopausale e la menopausa rappresentano il momento critico di transizione nella vita della donna in cui viene meno il meccanismo protettivo degli ormoni femminili rispetto alla manifestazione della malattia cardiovascolare ed in ultimo la longevità della donna la espone ad un rischio maggiore di eventi in età avanzata. La conoscenza, il riconoscimento, l’attenzione ed il controllo dei fattori di rischio che riguardano la donna in modo unico o che sono più frequenti nel sesso femminile, unitamente alla valutazione del profilo di rischio in rapporto al sesso ed all’età – conclude la dottoressa Santalucia – rappresentano gli elementi indispensabili per promuovere ed implementare la personalizzazione delle cure in un contesto demografico in cui le donne anziane sono la maggioranza”.